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Il baghèt nella storia

( a cura di Valter Biella - ultimo aggiornamento agosto 2016)

Fin dal Medio Evo in Provincia di Bergamo è presente una cornamusa chiamata in lingua locale “ ol baghèt” o “ la pìa”. Questo strumento ha assunto nel corso dei secoli connotazioni, forme e caratteristiche particolari che lo differenziano dagli altri modelli europei. 

La più antica rappresentazione in provincia di Bergamo la troviamo in Città Alta, in Santa Maria Maggiore, in un particolare dell'affresco conosciuto come "Albero della Vita" o "di San Bonaventura", datato 1347 (o pochi anni prima), di scuola lombarda. Il suonatore è rappresentato di spalle, si distingue la sacca sotto il braccio sinistro, le gote gonfie e si intravvede l'insufflatore. La cornamusa è priva del bordone d'accompagnamento sulla spalla.
In Italia tra le più antiche raffigurazioni vi è un dipinto di Giotto, datato 1320/25:  la cornamusa di Città Alta è perciò una delle più antiche immagini in cui si può identificare l'uso di una cornamusa.

La cornamusa la troviamo anche  in un  affresco  al castello di Bianzano, della fine del 1300. Altre raffigurazioni sono nella chiesa di Piario e al castello di Malpaga, con una datazione che si colloca tra il ‘400 e il ‘500. Un bellissimo olio, della fine del 1700, è alla “Madonna d’Erbia”,  di Lattanzio Querena.


Castello di Bianzano, sul lago d'Endine.
Pittori di scuola lombarda tra il 1375 e il 1400

Solto Collina (Bergamo) affresco della seconda metà del 1400 attribuito a Giacomo Busca detto Il Borlone

La cornamusa bergamasca doveva essere diffusa praticamente in tutta la provincia. È arrivata ai giorni nostri sopravvivendo in una zona ben ristretta: la media Val Seriana e la Val Gandino. In questa area geografica ho ritrovato gli strumenti antichi. Di altre zone, quali la Alta Val Brembana, la Val Imagna, le informazioni sono invece decisamente più scarne.
All’inizio del 1900 in Val Gandino e media Val Seriana vi erano ancora una decina di suonatori; l’ultimo è stato Giacomo Ruggeri detto “Fagòt”, di Casnigo (1905 – 1990), che ha eredito l’abilità ed il patrimonio musicale dallo zio "Nano Magrì" morto nel 1929. Altri suonatori di quest'area erano i “Fiaì”, i "Serì", il "Parécia", "Manòt", "Pescerì"  ed il “Rüina”. L’uso del baghèt è stato abbandonato praticamente alla fine degli anni cinquanta, anche se non è escluso che sporadicamente altri bagheter abbiano ancora suonato negli anni successivi. Una figlia di suonatore si ricorda infatti del padre che, fino al 1975, aveva suonato ancora occasionalmente il suo "baghèt". 

I suonatori erano per la maggior parte contadini, e si ritrovavano nelle stalle d’inverno. Passata l’Epifania, poco prima del carnevale, lo strumento era riposto, per essere ripreso agli inizi dell’inverno successivo. Con il baghèt si suonava l’antica “pastorella”, si accompagnava il canto e si eseguiva l’arcaico “ bal d’ol mòrt” (ballo del morto), una specie di pantomima in cui due ballerini mimavano una “morte” ed una successiva “resurrezione”.

Guarda in questo  Video Caterina Zilioli di Casnigo ( nata nel 1928) mentre canta l'antica "pastorella". Si tratta di una rara testimonianza in quanto la Zilioli cantava mentre suo padre suonava la pastorella al baghèt, nelle sere d'inverno nella stalla ( © videoregistrazione di V. Biella )

Tutto quello che noi oggi conosciamo è legato ai miei lavori di ricerca, che hanno accomunato i ricordi di suonatori e parenti di suonatori, assieme alle testimonianze di anziani che si ricordavano tracce di memoria legate all'antica cornamusa. Di notevole importanza è la figura di Giacomo Ruggeri, detto "Fagòt" di Casnigo (1905 - 1990), l'ultimo suonatore, che  è stato  personalmente conosciuto.
Grazie ai suoi ricordi, sono state recuperate le musiche musiche, la diteggiatura, lo stile. Alla sua testimonianza si è aggiunta quella dei "Fiaì", del "Parécia", dei "Serì" e di tanti altri, che, anche con piccoli tasselli, mi hanno permesso di ricostruire la storia di questo affascinante strumento.

Attualmente non esistono altri studi nati da lavori di indagine con testimoni direttamente coinvolti.

Giacomo Ruggeri di Casnigo in una foto del 1984. Aveva appreso l'arte del "baghèt" dallo zio "Nano Magrì", al secolo Michele Imberti, sempre di Casnigo, scomparso nel 1929.
( © foto di Valter Biella: si tratta dell'unica foto in circolazione in cui si vede suonare un antico bagheter)



olio di Giovanni de' Busi, detto
"Il Cariani", di San Giovanni Bianco in Val Brembana, nato tra il  1485 e il 1490. Guardate come il dipinto e la fotografia di Giacomo Ruggeri si possono "sovrapporre", e ci sono 5 secoli di distanza. Conoscere Giacomo Ruggeri ha permesso di salvare questi 5 secoli di storia




Casnigo, al Santuario della Madonna d'Erbia:
olio del 1793 di Lattanzio Querena.
nel 2011 il quadro è stato restaurato dal Comune di Casnigo


Piario, tempera su tela attribuita a Giacomo Busca detto il Borlone,
pitttore bergamasco scomparso nel 1487