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I riti e i balli


Presenti per la maggior parte nel periodo invernale, sono sopravvissuti in provincia, o sono da poco scomparsi, momenti di espressività comunitaria, che inserendosi nell'immaginario collettivo, rappresentano veri "eventi rituali", legati alle dinamiche sociali del mondo contadino.


Dei balli si conoscono "la lavandina" e il "Bal del mort" (ballo del morto). 

"La lavandina".Il primo, la "lavandina", era eseguito da uomini e donne, al suono della fisarmonica o del baghèt. Si svolgeva alternando due parti. Nella prima le ballerine mimavano il lavare, tenendo il fazzoletto in mano, stando inginocchiate e sfregando il fazzoletto sulle ginocchia, mentre i ballerini giravano loro attorno.Nella seconda parte invece si formavano le copie, che si muovevano al tempo della "marcia vecchia" (lo scottisch). Quando la musica ritornava sulla frase del lavare, chi aveva il fazzoletto in mano, sia esso uomo o donna, ritornava all'azione del lavare. I cavalieri che non riuscivano a formare una copia si muovevano all'interno dello spazio del ballo, a tempo di musica, cercando di rubare il fazzoletto alla copia, acquisendo così il diritto di ballare con la donna. Il fazzoletto era tenuto in mano o in tasca, però a penzoloni. Era chiamato "lavandina " a Zorzone e "la-andéra" a Casnigo, dove era accompagnato dal baghèt.

Il "ballo del morto". Questo ballo rituale era eseguito da soli uomini, al suono della cornamusa. Nella prima parte i due ballerini si muovevano assieme, saltando ora su di una gamba ora sull'altra. Ad un certo momento uno dei due si fermava e rimaneva immobile, al centro dello spazio del ballo. Il secondo lo invitava a riprendere e vedendo che questi si rifiutava, lo "uccideva" con una coltellata nel torace. Il "morto" stramazzava per terra. L' "assassino" allora si disperava, provava ad alzare gli arti, che però ricadevano, e la musica accompagnava questa mimica con un andamento lento e senza tempo. Ad un certo punto il "morto" decideva di non far più ricadere le gambe e le braccia. L'uccisore riprendeva allora vigore, rialzava il " morto" ora "resuscitato" ed il ballo riprendeva come all'inizio con un allegro in 6/8.

Bibliografia.
Il ballo della " lavandina" e il "ballo del morto" sono inediti e sono stati  pubblicati per la prima volta in:
V. Biella, "Il baghèt, un'antica tradizione bergamasca", Villadiseriane, Bergamo 1988
V. Biella, "Il baghèt, la cornamusa bergamasca", Meridiana, Bergamo 2000

"Chiamare marzo - cacciare marzo". Il rito di chiamare o cacciare un mese dell'anno, di origini precristiane, ancora sopravvive in provincia. Ad Ave di Ardesio si "caccia gennaio" l'ultimo giorno di gennaio. A Dossena invece il rito è duplice: l'ultimo giorno di febbraio si "chiama marzo" e l'ultimo giorno di marzo invece si "caccia marzo". Questi riti ripercorrono la valenza di allontanare le energie negative dell'inverno assonnato, con la vita vegetativa ferma, addormentata, "morta". Con il suono dei campanacci delle mucche e dei corni di mucca o caprone, frotte di ragazzi percorrono il paese in ogni sua frazione, suonando a più non posso, per chiamare e svegliare la bella stagione. A Dossena la ritualità si sdoppia: l'ultimo giorno di febbraio si chiama la bella stagione che da marzo deve farsi sentire e, non contenti, l'ultimo giorno di marzo, sempre con la magia del suono dei campanacci, si scacciano gli ultimi rigori dell'inverno, e con esso tutte le energie e gli spiriti contrari e negativi.
"Campanacci , fantocci e falò - Riti agropastorali di risveglio della natura", a cura di Giovanni Mocchi e Manuel Schiavi. Proloco di Ardesio, gennaio 2014, con il patrocinio della Regione Lombardia Il Consiglio. 
Alle pagine 130 - 141:  "Dossena, sunà Mars, casà Mars" di Valter Biella

VIDEO su Dossena, "ciamà Mars e casà Mars", di Valter Biella

il sito di Manuel Schiavi sui riti agropastorali di risveglio della natura

Sempre a Dossena è importane la tradizione del carnevale. Un gruppo di uomini in maschera mette in scena una sorta di "farsa" dove l'ironia, la beffa , il gioco dissacrante con gli spettatori, il raccontare con toni estremi e drammatici ma anche irrimediabilmente comici i momenti della vita quotidiana, sono la tematica di ogni mascherata. La rappresentazione è aperta dalla musica e dall'arlecchino che delimita lo spazio magico in cui la rappresentazione avrà luogo. Terminata la farsa tutto si conclude con il ballo delle maschere e degli spettatori.

Al riguardo si veda: Claudio Gotti, Le mascherate di Dossena, Ferrari Editrice, Clusone (BG) 2001.

VIDEO: la mascherata alla "'Al del vàil" del 18 febbraio 2006